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Prenderà la NASPI lo stesso anche chi si dimette, ecco cosa fare sul sito del Ministero del Lavoro

Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, questo ciò che significa NASPI. nata con il Jobs Act di Matteo Renzi, la NASPI è il principale ammortizzatore sociale per soggetti che perdono involontariamente il lavoro. Proprio la definizione di involontario, per quanto concerne la perdita del lavoro è il passaggio fondamentale da capire per chi vuole prendere la NASPI.

Perché per le dimissioni volontarie l’indennità per disoccupati INPS non può essere percepita. Ma prenderà la NASPI lo stesso anche chi si dimette, purché sappia bene cosa fare e come fare. 

La NASPI e la perdita involontaria del lavoro

Il disoccupato che vuole prendere la NASPI deve partire dal concetto di perdita involontaria del lavoro. La NASPI spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che siano apprendisti, soci lavoratori delle cooperative, personale artistico, dipendenti pubblici precari. In pratica, esclusi da questo ammortizzatore sociale sono solo i lavoratori agricoli che rientrano nel perimetro della Disoccupazione Agricola.

Poi, i collaboratori coordinati e continuativi per cui c’è la DIS-COLL e i lavoratori statali con contratto a tempo indeterminato per chi non esiste indennità. Quindi, la NASPI è erogata a chi viene licenziato, anche se dentro processi di licenziamento collettivo, di risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro, di scadenza del contratto a tempo determinato. Persino il licenziamento disciplinare consente di fruire dell’indennità. Ma si può prendere la NASPI anche con le dimissioni. Anche se questo istituto effettivamente è una manifesta volontà del lavoratore di interrompere il rapporto di lavoro, se dietro c’è una giusta causa la NASPI non viene negata.

Prenderà la NASPI lo stesso anche chi si dimette, ecco cosa fare sul sito del Ministero del Lavoro

Le dimissioni per giusta causa sono di fatto delle dimissioni che un lavoratore dà di sua spontanea volontà, ma di fatto indotte da fattori esterni alla stessa volontà del lavoratore. In pratica sono dimissioni date perché il lavoratore è stato portato a non avere scelta. 

Si parla di dimissioni per giusta causa, quando queste non sono riconducibili alla libera scelta del lavoratore.  Come previsto dalla circolare INPS n° 163 del 20 ottobre 2003, le dimissioni volontarie per giusta causa danno diritto alla disoccupazione, alla pari delle dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità. Sono i due casi in cui anche con le dimissioni il disoccupato è tutelato dall’ammortizzatore sociale.

Le dimissioni per giusta causa devono essere formalizzate in via telematica, per il tramite della procedura presente sul sito del Lavoro. Le dimissioni per giusta causa non prevedono nemmeno il canonico preavviso da dare al datore di lavoro. Le motivazioni per la giusta causa per le dimissioni sono contemplate dall’articolo n° 2119 del Codice Civile. In genere le dimissioni per giusta causa possono essere date nei casi di mancato pagamento dello stipendio. Oppure, di mancato versamento dei contributi, molestie, mobbing o demansionamenti ingiustificati e peggioramenti evidenti delle condizioni lavorative. 

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