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Rende di più un capitale investito a tassi fissi e costanti o a interessi fissi e crescenti? La risposta non è come sembra!

Tempo, sottostante, tasse e spese, rendimento sono i principali elementi attorno ai quali ruota ogni decisione di investimento. Né potrebbe essere diversamente: sbagliare la decisione iniziale può pregiudicare l’intero esito dell’operazione.

Soffermiamoci sulla struttura dei rendimenti: rende di più un capitale investito a tassi fissi e costanti o a interessi fissi e crescenti? Facciamo chiarezza.

Tassi di interessi fissi e tassi variabili

Iniziamo con la definizione di tasso di interesse: cos’è e su cosa si calcola? In termini semplici, è il costo del bene-denaro che si paga o si incassa a seconda che quel bene lo si prende o da a prestito. Esso è espresso in termini percentuali e lo si applica sul valore nominale del capitale.

La prima alternativa è data dal tasso fisso e costante, in genere la forma più comune di tasso applicato. Qui l’incasso netto periodico resta invariato per tutta la durata dell’investimento, com’è nella maggioranza dei BTP. Varia invece il rendimento, che oscilla in base alle dinamiche del prezzo di mercato.

Invece la remunerazione con il tasso variabile cambia in base al trend del parametro a cui è legato lo strumento sottoscritto. I BTP agganciati all’inflazione italiana o europea, ad esempio, ne seguono le dinamiche e questi andamenti ne determinano il grosso della cedola corrisposta.

Interessi crescenti o fissi e decrescenti nel tempo

In altre circostanze l’emittente può prediligere strutture dei rendimenti di tipo fisso e crescente (step-up) o di tipo fisso e decrescente (step-down).

Nel primo caso i migliori tassi nominali sono nella parte finale della vita utile del prodotto. È il caso della maggior parte dei buoni fruttiferi di durata medio-lunga, ma anche dei recenti BTP Valore. La formula è preferita dall’emittente quando l’intento è quello di invogliare il titolare del titolo a detenerlo fino a scadenza.

Invece nel caso inverso si parte subito in quinta e si arriva al traguardo in sordina. La struttura è preferita l’intento è di attrarre gli investitori su un dato prodotto.

Più in generale, la struttura step-up andrebbe bene quando si ha certezza di portare a termine l’investimento. In caso contrario, sarebbe preferibile puntare su un ricco ritorno iniziale e poi valutare il da farsi in corso d’opera.

Rende di più un capitale investito a tassi fissi e costanti o a interessi fissi e crescenti?

Tuttavia, aldilà della struttura dei tassi contano poi altri due elementi, anzi tre.

Uno ha a che fare con il capitolo tasse e spese: le mancate o minori uscite sono da sempre il primo guadagno certo di ogni investimento. Su questo fronte l’unica strategia da seguire è quella di contenere queste voci il più possibile.

Un altro aspetto attiene invece i valori numerici puri, assoluti. Tra un ricco ritorno fisso e costante e uno fisso e crescente ma con base di partenza e una ragione di crescita modesta, è meglio il primo.

Infine conta sapere qual è il loro regime di capitalizzazione: è semplice o composto? Se l’interesse maturato viene subito corrisposto, esso può essere speso o reinvestito a discrezione del percettore. Se invece viene sommato al capitale che lo ha prodotto allora esso produrrà a sua volta nuovi interessi. Si tratta di una differenza abissale, specie sul lungo termine e quando il tasso di rendimento è robusto.

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