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Perderà la pensione chi non invia per tempo il certificato di esistenza in vita, ecco chi è obbligato

Le notizie degli ultimi giorni tra pensioni e cronaca hanno messo in luce alcune situazioni davvero particolari. Ci sono figli che incassano la pensione nascondendo per mesi, se non addirittura anni, il decesso di un genitore.

E poi c’è un pensionato pugliese a cui l’INPS ha revocato l’assegno perché considerato, erroneamente, defunto. Casi assai particolari, ma non certo rari. Ecco spiegato probabilmente il motivo che su alcuni trattamenti il pensionato è tenuto ad un adempimento molto particolare ma obbligatorio. Parliamo della produzione del certificato di esistenza in vita.

Perderà la pensione chi non invia per tempo il certificato di esistenza in vita

Visti i casi di cui parlavamo in premessa, probabilmente nessuno potrà obiettare sul fatto che la Germania piuttosto che un qualsiasi altro Stato estero chieda ad un pensionato, la predisposizione della certificazione di esistenza in vita. Sono tanti i pensionati italiani che godono di pensioni da parte degli Stati esteri. Come sono tanti i titolari di pensioni italiane che vivono all’estero. L’emigrazione lavorativa ha prodotto questa situazione, con milioni di italiani che sono stati per lavoro all’estero, e con molti stranieri che sono stati al lavoro in Italia. Un incrocio particolare, con l’INPS che manda all’estero molte pensioni e con gli enti previdenziali esteri che mandano in Italia molte pensioni. E sono proprio questi soggetti che devono affrontare un obbligo importante che parte dall’INPS e dagli altri Enti esteri, cioè la consueta campagna sull’esistenza in vita. Una campagna obbligatoria per evitare ciò che è facile immaginare, ovvero la sospensione del trattamento pensionistico. Perché perderà la pensione chi non invia per tempo la certificazione utile ad espletare correttamente l’adempimento.

Attenti alle date, si rischia di perdere i trattamenti

Accertarsi che i beneficiari delle pensioni siano ancora in vita, questo l’obiettivo della campagna, sia quella adottata dall’INPS che dagli Enti previdenziali degli altri Paesi. Una cosa che può sembrare paradossale visti i casi di cronaca prima citati, ma che fa parte della prassi annuale da seguire da parte dei pensionati. Per esempio, i titolari di pensione italiana che la ricevono all’estero, se questo Paese non ha accordi bilaterali con l’Italia, devono produrre l’opportuna certificazione. Ma l’obbligo vale anche per chi all’estero prende solo la pensione italiana, senza trattamenti dallo Stato dove si sono trasferiti. Tra il 20 marzo ed il 18 luglio, saranno i pensionati italiani residenti in America, in Asia, nei Paesi dell’Europa dell’Est o in quelli scandinavi a dover produrre la certificazione. Dal 20 settembre 2024 al 18 gennaio 2025 invece sarà la volta dei titolari di pensioni italiane in tutti gli altri Stati. Il certificato che arriva a casa del pensionato tramite posta ordinaria deve essere compilato correttamente e firmato, ma con autentica di un funzionario comunale.

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